Assegni e Registro Informatico dei Protesti

I tempi dell’assegno

Se non ci sono errori nei termini di presentazione, l’assegno deve essere sempre pagato dalla banca o dall’ufficio postale in cui il creditore si presenta. I tempi sono:

  • 8 giorni, se l’assegno può essere pagato nello stesso comune di emissione;
  • 15 giorni, se può essere pagato in un comune diverso da quello di emissione;
  • 20 giorni, se può essere pagato in uno Stato diverso da quello di emissione, ma europeo o appartenente al bacino del Mediterraneo;
  • 60 giorni, se può essere pagato in uno Stato diverso da quello di emissione e appartenente a un altro continente.

Un assegno senza data o postdatato si intende emesso il giorno di presentazione. Se il creditore decide d’incassare dopo i termini previsti, il traente (chi ha emesso l’assegno) può disporre una revoca di pagamento tramite la banca o l’ufficio postale. In questo caso, il creditore non potrà incassare l’importo. Se la banca o l’ufficio postale pagano comunque, nonostante la revoca, il traente può obiettare a tali istituti di non avergli consentito la piena libertà di gestire la somma giacente sul conto corrente.

Conseguenze di un assegno non pagato

Secondo la sentenza 15266/14 della Cassazione, il nome di chi emette un assegno scoperto può essere inserito nel Registro Informatico dei Protesti (RIP) e deve essere sempre segnalato alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI), anche se il creditore decide di incassarlo dopo i termini di presentazione e anche se è stata disposta la revoca di pagamento. Un assegno non pagato non può essere oggetto di protesto e non può essere segnalato alla CAI se il creditore si presenta dopo i termini previsti e se è stata disposta la revoca.

L’assegno non pagato, vuoi perché scoperto, vuoi perché portato all’incasso dopo la scadenza dei termini e risultato oggetto di revoca di pagamento, diventa titolo esecutivo. Ciò significa che il creditore può notificare al traente un atto di precetto e passare al pignoramento dei suoi beni, mobili o immobili. Per fare questo, è sufficiente la dichiarazione attestante che l’assegno è stato presentato nei tempi stabiliti e non è stato pagato per mancanza di disponibilità in conto corrente.

Protesto facoltativo

Secondo la legge anti-riciclaggio, solo gli assegni d’importo inferiore a mille euro possono essere girati. Il protesto permette al possessore di un assegno girato e risultato scoperto all’incasso, di rivalersi sul girante (azione di regresso) se ritenuto più solvibile del traente.

L’inserimento nel Registro Informatico dei Protesti serve a informare del mancato pagamento dell’assegno e a permettere l’azione di regresso nei confronti di eventuali giranti.

La segnalazione alla CAI, invece, rende efficace e operativa la sanzione della revoca di sistema. Questa, aggiungendosi a quella di carattere pecuniario comminata dal Prefetto, comporta, per il soggetto segnalato:

  • La revoca di ogni autorizzazione all’emissione di assegni.
  • Il divieto, per qualunque banca e ufficio postale, di stipulare nuove convenzioni di assegno con lo stesso soggetto e di pagare gli assegni da lui emessi (anche nei limiti della provvista) dopo l’iscrizione nell’archivio.

In sostanza, dunque, mentre la segnalazione alla CAI comporta conseguenze negative nella vita di relazione del debitore inadempiente, la pubblicazione del protesto nuocerebbe “solo” alla sua reputazione creditizia.

Quindi, la banca o l’ufficio postale possono rinunciare al protesto quando l’assegno scoperto non è trasferibile, o lo è ma non ci sono giranti. Anzi, la clausola “senza spese e senza protesto” inserita sull’assegno dal traente, dispone che la banca o l’ufficio postale non possano procedere al protesto dell’assegno per mancanza di copertura, anche in presenza di giranti.


Tempi di revoca

La segnalazione alla CAI avviene dopo 60 giorni dalla scadenza del termine di presentazione dell’assegno, senza che il traente abbia fornito prove dell’avvenuto pagamento. La legge, tuttavia, concede una proroga al debitore, purché corrisponda al creditore:

  • L’importo indicato sul modulo dell’assegno (importo facciale).
  • Il 10% della somma a titolo di penale.
  • Gli interessi legali calcolati, in base all’anno civile (365 giorni), sull’importo dell’assegno per il tempo passato tra la data di presentazione del titolo e quella del deposito.
  • Le eventuali spese di protesto.

Prima che il debitore possa nuovamente emettere assegni, devono passare sei mesi dall’iscrizione del suo nome alla CAI. Questo termine vale anche per le banche e gli uffici postali, che non potranno, in tale periodo di tempo, stipulare con il traente convenzioni di assegno, e pagare titoli da lui emessi (anche nei limiti della provvista).

In più, il Prefetto può applicare altre sanzioni:

  • Amministrativa pecuniaria da 516 a circa tremila euro. Se l’importo facciale dell’assegno supera i 10.329 euro (e in tutti i casi di reiterazione), tale cifra può arrivare a oltre seimila euro.
  • Accessoria, che consiste nell’ulteriore divieto di emettere assegni per un periodo variabile da due a cinque anni.
  • Interdizione all’esercizio dell’attività professionale per un periodo variabile da 2 mesi ai 2 anni, se l’importo dell’assegno scoperto (o degli assegni scoperti) supera i 51.645 euro.
  • Reclusione da 6 mesi a 3 anni, se l’illecito amministrativo si ripete.

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